Agire e comunicare la sostenibilità come fattore competitivo per le imprese. Di Sergio Vazzoler, pubblicato sul report economia 2023 realizzato da Il Monferrato. 
C’è chi è sostenibile e non sa di esserlo. Sono moltissime le imprese – anche piccole! – che hanno già all’attivo progetti e iniziative di sostenibilità, a cui manca solo di strutturare il proprio impegno in una strategia ragionata. C’è chi inciampa nel “greewashing”, comportamento che porta a “pennellare di verde” azioni solo in parte realmente sostenibili e chi, invece, preferisce ammantarsi di un silenzio verde.
È il fenomeno crescente del “greenhushing”.
Il termine di ultima generazione indica una ridotta comunicazione dei propri obiettivi e piani ambientali, per paura di non esserne all’altezza e subire un rovinoso effetto boomerang oppure per confondere le acque sull’effettivo livello di raggiungimento dei target previsti. Ma, soprattutto, c’è chi, nonostante l’esplosione mediatica dei temi di sostenibilità, non ha ancora ben chiaro cosa significhi ESG, l’acronimo che indica i fattori ambientali, sociali e di governance. Lo rileva una recente ricerca Capterra focalizzata sulle Pmi: meno di un terzo dei responsabili aziendali conosce il termine e le sue derivazioni.
La sostenibilità si fa a livello di sistema, questo è certo.
Per raggiungere gli obiettivi sfidanti dei piani europei, servirà il contributo di tutti, comprese le imprese di qualsiasi dimensione. Il processo è già in corso, sempre di più le organizzazioni si trovano a far parte di un sistema in cui le informazioni ESG sono diventate centrali. E se il pensiero va subito ai costi e alle fatiche dell’aggiornamento, allora forse è necessario cambiare la prospettiva. Perché la sostenibilità non è sicuramente un costo – al massimo è un investimento – né una moda destinata a esaurirsi nel giro di qualche mese come un trend di Tik Tok: pandemie e guerre non ne hanno fermato l’evoluzione.
Dal nostro osservatorio di professionisti della sostenibilità, vediamo di prima mano le opportunità che si aprono per chi attiva un percorso ESG. E non si tratta solo di vantaggi in termini di reputazione e immagine, si parla della capacità di anticipare gli scenari futuri e mettersi al riparo dai rischi a essi collegati, a esempio quelli legati alla crisi climatica, sempre più distruttivi e repentini. Di capire come indirizzare il proprio business perché rimanga competitivo, e quindi lavorare per la propria sopravvivenza futura. Riguarda la capacità di razionalizzare costi e processi, con esiti diretti sul portafoglio. E soprattutto riguarda la costruzione di una relazione forte e autentica con la propria comunità, presupposto fondamentale per chi agisce sul territorio.
La strada davanti
La nuova direttiva europea sul reporting di sostenibilità, a cui abbiamo dedicato un seminario a fine gennaio, batte il tempo, allargando il numero delle imprese tenute a rendicontare il proprio operato. Si tratta di un’occasione – faticosa ma propizia – per avviare un percorso di crescita. A patto che sia autentico e venga comunicato e fatto vivere in ogni relazione. Due i consigli. 1) Ogni impresa deve approcciarsi ai processi di sostenibilità e alla rendicontazione con gradualità rispetto al proprio livello di maturità: così si evitano i passi falsi e le scorciatoie. 2) Una comunicazione corretta e consapevole è uno strumento prezioso per accorciare le distanze, valorizzare quanto fatto e moltiplicare il proprio impatto dentro e fuori l’organizzazione. La sostenibilità, così, vive davvero!
Sergio Vazzoler
				 
					
Se si è verdi, il silenzio non è d’oro
Agire e comunicare la sostenibilità come fattore competitivo per le imprese. Di Sergio Vazzoler, pubblicato sul report economia 2023 realizzato da Il Monferrato.
C’è chi è sostenibile e non sa di esserlo. Sono moltissime le imprese – anche piccole! – che hanno già all’attivo progetti e iniziative di sostenibilità, a cui manca solo di strutturare il proprio impegno in una strategia ragionata. C’è chi inciampa nel “greewashing”, comportamento che porta a “pennellare di verde” azioni solo in parte realmente sostenibili e chi, invece, preferisce ammantarsi di un silenzio verde.
È il fenomeno crescente del “greenhushing”.
Il termine di ultima generazione indica una ridotta comunicazione dei propri obiettivi e piani ambientali, per paura di non esserne all’altezza e subire un rovinoso effetto boomerang oppure per confondere le acque sull’effettivo livello di raggiungimento dei target previsti. Ma, soprattutto, c’è chi, nonostante l’esplosione mediatica dei temi di sostenibilità, non ha ancora ben chiaro cosa significhi ESG, l’acronimo che indica i fattori ambientali, sociali e di governance. Lo rileva una recente ricerca Capterra focalizzata sulle Pmi: meno di un terzo dei responsabili aziendali conosce il termine e le sue derivazioni.
La sostenibilità si fa a livello di sistema, questo è certo.
Per raggiungere gli obiettivi sfidanti dei piani europei, servirà il contributo di tutti, comprese le imprese di qualsiasi dimensione. Il processo è già in corso, sempre di più le organizzazioni si trovano a far parte di un sistema in cui le informazioni ESG sono diventate centrali. E se il pensiero va subito ai costi e alle fatiche dell’aggiornamento, allora forse è necessario cambiare la prospettiva. Perché la sostenibilità non è sicuramente un costo – al massimo è un investimento – né una moda destinata a esaurirsi nel giro di qualche mese come un trend di Tik Tok: pandemie e guerre non ne hanno fermato l’evoluzione.
Dal nostro osservatorio di professionisti della sostenibilità, vediamo di prima mano le opportunità che si aprono per chi attiva un percorso ESG. E non si tratta solo di vantaggi in termini di reputazione e immagine, si parla della capacità di anticipare gli scenari futuri e mettersi al riparo dai rischi a essi collegati, a esempio quelli legati alla crisi climatica, sempre più distruttivi e repentini. Di capire come indirizzare il proprio business perché rimanga competitivo, e quindi lavorare per la propria sopravvivenza futura. Riguarda la capacità di razionalizzare costi e processi, con esiti diretti sul portafoglio. E soprattutto riguarda la costruzione di una relazione forte e autentica con la propria comunità, presupposto fondamentale per chi agisce sul territorio.
La strada davanti
La nuova direttiva europea sul reporting di sostenibilità, a cui abbiamo dedicato un seminario a fine gennaio, batte il tempo, allargando il numero delle imprese tenute a rendicontare il proprio operato. Si tratta di un’occasione – faticosa ma propizia – per avviare un percorso di crescita. A patto che sia autentico e venga comunicato e fatto vivere in ogni relazione. Due i consigli. 1) Ogni impresa deve approcciarsi ai processi di sostenibilità e alla rendicontazione con gradualità rispetto al proprio livello di maturità: così si evitano i passi falsi e le scorciatoie. 2) Una comunicazione corretta e consapevole è uno strumento prezioso per accorciare le distanze, valorizzare quanto fatto e moltiplicare il proprio impatto dentro e fuori l’organizzazione. La sostenibilità, così, vive davvero!
Sergio Vazzoler
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