“State of Play 2025” analizza 656 bilanci di sostenibilità: la doppia materialità prende piede, ma la qualità della disclosure è ancora disomogenea. E il coinvolgimento degli stakeholder resta troppo business-centrico.

Dopo le prime survey di settore – da KPMG a Deloitte, fino a quella di Amapola con Evolve – arriva ora il primo studio istituzionale sull’applicazione degli standard europei di sostenibilità (ESRS): EFRAG ha pubblicato il report State of Play 2025, basato su 656 bilanci già conformi o parzialmente allineati, offrendo una fotografia concreta dei trend e delle difficoltà di questa prima fase di attuazione.

Il risultato? Un quadro in chiaroscuro. L’ambizione cresce, ma l’attuazione è ancora incerta, e i dati raccontano un panorama frammentato. La buona notizia è che molti elementi chiave – come la doppia materialità, l’integrazione climatica e l’engagement degli stakeholder – stanno entrando nel vocabolario operativo delle imprese. Ma la qualità della rendicontazione è ancora troppo disomogenea, soprattutto su alcuni temi ambientali, sociali e di governance.

Report più lunghi, ma non sempre più leggibili

La prima evidenza riguarda la forma: i bilanci di sostenibilità si allungano. La media dei report analizzati è di 115 pagine, con punte fino a 440. Solo il 25% si mantiene sotto le 70 pagine.
La difficoltà principale non è la lunghezza, ma la eterogeneità degli stili e dei formati, che rischia di compromettere leggibilità e comparabilità. Un paradosso, se si considera che il bilancio di sostenibilità dovrebbe essere prima di tutto uno strumento di comunicazione trasparente verso gli stakeholder.

Doppia materialità: il cambiamento climatico domina, altri temi restano ai margini

L’approccio della doppia materialità (DMA) si sta diffondendo: in media, le imprese considerano 6 standard tematici su 10 come materiali. Solo il 10% li include tutti.
I temi più frequentemente riportati?

In fondo alla classifica restano invece temi emergenti ma cruciali, come biodiversità e microplastiche, ancora trattati in modo marginale. Un segnale che l’orizzonte della materialità resta ancora centrato su temi “classici”, meno su quelli sistemici o di frontiera.

Stakeholder engagement: ascolto selettivo

Il coinvolgimento degli stakeholder è quasi sempre presente, ma con un filtro molto business-centrico.

Ma quando si esce dalla cerchia economico-produttiva, il coinvolgimento si riduce drasticamente:

Una rendicontazione davvero sistemica – e coerente con il principio di doppia materialità – non può prescindere dalla società civile.

Clima e ambiente: la disclosure arranca

Anche sul fronte climatico si registra una certa ambivalenza tra intenzione e implementazione.

In sintesi: l’ambizione è in crescita, ma la disclosure concreta resta da rafforzare.

Diritti umani, discriminazione e catena del valore: ancora troppo silenzi

Nel campo sociale, i numeri raccontano una situazione di grande variabilità.

C’è ancora molta strada da fare per integrare davvero i diritti umani nelle policy aziendali e, soprattutto, per riportarli nei bilanci con trasparenza. Una questione strettamente legata al tema della supply chain che è tornata agli onori delle cronache di recenti, trainata dall’ennesimo scandolo nel mondo della moda.

Reporting ESG: l’evoluzione non è solo tecnica

Il report State of Play 2025 rappresenta un primo benchmark importante, che aiuta a comprendere dove siamo – e dove possiamo migliorare.
Se gli ESRS hanno imposto una nuova grammatica alla rendicontazione, ora serve un vero cambio di cultura organizzativa. Perché non basta dichiarare l’allineamento agli standard, serve dar loro sostanza. Il bilancio di sostenibilità non è (solo) un obbligo da adempiere, ma uno specchio strategico della visione aziendale. E come ogni specchio, restituisce ciò che si è davvero pronti a mostrare.

Micol Burighel

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