La transizione in atto richiede un ruolo strategico per la “comunicazione responsabile”, una comunicazione basata su un linguaggio inclusivo e libero da ogni forma di ostilità, immune dalle diverse forme di propaganda che alimentano e inquinano il dibattito pubblico. Articolo di Sergio Vazzoler, uscito sul numero di aprile-maggio di CSRoggi.
Oggi è raro trovare un evento aziendale di qualsiasi tipo che non richiami in qualche modo la sostenibilità, vissuta come passe-partout in grado di comunicare al meglio con cittadini, istituzioni e mercato. Certo, in questa scelta ormai diventata prassi, ci può stare una buona dose di tattica per cavalcare l’onda dell’ambientalmente e socialmente corretto, ma in realtà le imprese, grandi o piccole che siano, si trovano trasversalmente impegnate a “transitare” da un sistema basato sull’acceleratore a uno fondato su freno e frizione. E dove la competitività passa davvero attraverso un utilizzo più consapevole di risorse e un cambio di marcia
funzionale ad adattarsi alle istanze di legislatori e consumatori più attenti e rigorosi nei confronti della responsabilità aziendale.
Ecco, allora, che anche la comunicazione si fa responsabile. 
Al bando i valori di marca giocati su efficienza e performance, ci si focalizza su impegni, rispetto e tutele per (ri)creare una relazione di fiducia con i propri pubblici. E qui entra in gioco il ruolo cruciale dei professionisti della comunicazione, anch’essi impegnati ad abbandonare qualsiasi scorciatoia di pura immagine – che nell’epoca della sostenibilità assume i connotati del greenwashing – per ancorare saldamente il vocabolario aziendale ad azioni verificabili e comportamenti tangibili. Compito tutt’altro che facile nell’epoca dominata da fake news, infomedia e dal rischio crescente di un utilizzo inconsapevole delle applicazioni di intelligenza artificiale.
Un nuovo obiettivo per l’Agenda 2030
È in questo contesto che nasce l’iniziativa lanciata da Global Alliance – la federazione delle principali associazioni e istituzioni mondiali di relazioni pubbliche e comunicazione e che rappresenta oltre 320mila professionisti e accademici – affinché venga presentata la richiesta alle Nazioni Unite di aggiungere un nuovo goal, il diciottesimo, agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
(SDGs) dell’Agenda 2030: l’obiettivo “comunicazione responsabile”. Un’iniziativa, adottata da FERPI in Italia, che intende mettere al centro il dialogo aperto sulle sfide globali, in grado di recuperare il rapporto con il reale, combattendo le diverse forme di propaganda che alimentano e inquinano il dibattito pubblico. Nella comunicazione responsabile il linguaggio si fa inclusivo e abbandona ogni forma di ostilità: questo vuol dire, ad esempio, allenarsi ad accogliere le critiche, a rispondere a dubbi e richieste di approfondimento sul merito, ad accorciare le distanze.
La transizione comunicativa
Quante volte nella comunicazione d’impresa si cede ancora alla tentazione di rispondere in modo stizzito o presuntuoso, ignorando la regola basilare che se non siamo stati capiti la responsabilità va ricercata in noi anziché nei destinatari? Per compiere questo salto di qualità occorre innanzitutto comprendere come accanto alla transizione verso un’economia più sostenibile, le imprese devono organizzare una parallela transizione comunicativa.
I diritti, il rispetto delle diversità, la sicurezza sul lavoro e la tutela della salute e dell’ambiente sono valori che richiedono la presenza e il supporto di comunicatori esperti, capaci di traghettare l’intera organizzazione aziendale, formando le persone a nuove competenze e sensibilità e facilitando l’ascolto e il dialogo con i pubblici interni ed esterni. E avendo ben chiaro come
la portata della sfida sostenibile è tale da richiedere una parallela assunzione di responsabilità ai consumatori che devono essere
accompagnati, proprio tramite la comunicazione responsabile, ad abbandonare abitudini consolidate, soluzioni facili e zone di comfort diventate oggi insostenibili.
 Dalle emergenze alle urgenze
C’è poi un ultimo ma fondamentale salto in avanti che deve compiere l’organizzazione che intende garantirsi un futuro in un mondo in profonda trasformazione: se la propaganda crea ad arte continue “emergenze”, è necessario recuperare il rapporto con il reale e affrontare le “urgenze”, quelle vere e in crescita, che affliggono la nostra società. Ecco che, ancora una volta, la comunicazione responsabile è la strada che aiuta l’impresa a mettere a fuoco le priorità e a dimostrarsi empatica nei confronti
delle sofferenze. Che siano del pianeta o delle comunità, occorre in ogni caso ripensare il proprio scopo: vana, anzi potenzialmente assai rischiosa, diventa la presentazione dei risultati del proprio report di sostenibilità, se poi s’inciampa nell’indifferenza verso chi, tra i propri stakeholder, ti manifesta un disagio concreto o una richiesta d’aiuto.
E poi ci sono i media
Nella cornice della comunicazione responsabile, ovviamente, non possono mancare i media. E in questo caso occorre ricorrere a Italo Calvino per “cercare e sapere riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Nel mainstream la rincorsa ad “asfaltare” il prossimo appare una tendenza irreversibile ma persino in questa cornice i professionisti della comunicazione possono cogliere l’opportunità di costruire relazioni virtuose con chi (e non sono pochi,
soprattutto tra chi sperimenta nuovi strumenti e linguaggi) è in grado di fare le domande giuste, valutare l’autenticità del racconto e allargare la platea dei destinatari. Ne è un caso emblematico la nuova direzione “RAI per la sostenibilità – ESG” che, in collaborazione con ASViS e FERPI ha portato i temi e le parole della sostenibilità nei programmi più pop della tv pubblica. A dimostrazione di come la comunicazione responsabile può svolgere appieno il suo compito solo se associata a un ruolo strategico all’interno delle organizzazioni. Ecco, per l’Agenda 2030 è forse arrivato il momento per attribuire “un posto al sole” anche al Goal 18.
Sergio Vazzoler
				 
					
Comunicazione responsabile: il goal che manca all’Agenda 2030
La transizione in atto richiede un ruolo strategico per la “comunicazione responsabile”, una comunicazione basata su un linguaggio inclusivo e libero da ogni forma di ostilità, immune dalle diverse forme di propaganda che alimentano e inquinano il dibattito pubblico. Articolo di Sergio Vazzoler, uscito sul numero di aprile-maggio di CSRoggi.
Oggi è raro trovare un evento aziendale di qualsiasi tipo che non richiami in qualche modo la sostenibilità, vissuta come passe-partout in grado di comunicare al meglio con cittadini, istituzioni e mercato. Certo, in questa scelta ormai diventata prassi, ci può stare una buona dose di tattica per cavalcare l’onda dell’ambientalmente e socialmente corretto, ma in realtà le imprese, grandi o piccole che siano, si trovano trasversalmente impegnate a “transitare” da un sistema basato sull’acceleratore a uno fondato su freno e frizione. E dove la competitività passa davvero attraverso un utilizzo più consapevole di risorse e un cambio di marcia
funzionale ad adattarsi alle istanze di legislatori e consumatori più attenti e rigorosi nei confronti della responsabilità aziendale.
Ecco, allora, che anche la comunicazione si fa responsabile.
Al bando i valori di marca giocati su efficienza e performance, ci si focalizza su impegni, rispetto e tutele per (ri)creare una relazione di fiducia con i propri pubblici. E qui entra in gioco il ruolo cruciale dei professionisti della comunicazione, anch’essi impegnati ad abbandonare qualsiasi scorciatoia di pura immagine – che nell’epoca della sostenibilità assume i connotati del greenwashing – per ancorare saldamente il vocabolario aziendale ad azioni verificabili e comportamenti tangibili. Compito tutt’altro che facile nell’epoca dominata da fake news, infomedia e dal rischio crescente di un utilizzo inconsapevole delle applicazioni di intelligenza artificiale.
Un nuovo obiettivo per l’Agenda 2030
È in questo contesto che nasce l’iniziativa lanciata da Global Alliance – la federazione delle principali associazioni e istituzioni mondiali di relazioni pubbliche e comunicazione e che rappresenta oltre 320mila professionisti e accademici – affinché venga presentata la richiesta alle Nazioni Unite di aggiungere un nuovo goal, il diciottesimo, agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile
(SDGs) dell’Agenda 2030: l’obiettivo “comunicazione responsabile”. Un’iniziativa, adottata da FERPI in Italia, che intende mettere al centro il dialogo aperto sulle sfide globali, in grado di recuperare il rapporto con il reale, combattendo le diverse forme di propaganda che alimentano e inquinano il dibattito pubblico. Nella comunicazione responsabile il linguaggio si fa inclusivo e abbandona ogni forma di ostilità: questo vuol dire, ad esempio, allenarsi ad accogliere le critiche, a rispondere a dubbi e richieste di approfondimento sul merito, ad accorciare le distanze.
La transizione comunicativa
Quante volte nella comunicazione d’impresa si cede ancora alla tentazione di rispondere in modo stizzito o presuntuoso, ignorando la regola basilare che se non siamo stati capiti la responsabilità va ricercata in noi anziché nei destinatari? Per compiere questo salto di qualità occorre innanzitutto comprendere come accanto alla transizione verso un’economia più sostenibile, le imprese devono organizzare una parallela transizione comunicativa.
I diritti, il rispetto delle diversità, la sicurezza sul lavoro e la tutela della salute e dell’ambiente sono valori che richiedono la presenza e il supporto di comunicatori esperti, capaci di traghettare l’intera organizzazione aziendale, formando le persone a nuove competenze e sensibilità e facilitando l’ascolto e il dialogo con i pubblici interni ed esterni. E avendo ben chiaro come
la portata della sfida sostenibile è tale da richiedere una parallela assunzione di responsabilità ai consumatori che devono essere
accompagnati, proprio tramite la comunicazione responsabile, ad abbandonare abitudini consolidate, soluzioni facili e zone di comfort diventate oggi insostenibili.
Dalle emergenze alle urgenze
C’è poi un ultimo ma fondamentale salto in avanti che deve compiere l’organizzazione che intende garantirsi un futuro in un mondo in profonda trasformazione: se la propaganda crea ad arte continue “emergenze”, è necessario recuperare il rapporto con il reale e affrontare le “urgenze”, quelle vere e in crescita, che affliggono la nostra società. Ecco che, ancora una volta, la comunicazione responsabile è la strada che aiuta l’impresa a mettere a fuoco le priorità e a dimostrarsi empatica nei confronti
delle sofferenze. Che siano del pianeta o delle comunità, occorre in ogni caso ripensare il proprio scopo: vana, anzi potenzialmente assai rischiosa, diventa la presentazione dei risultati del proprio report di sostenibilità, se poi s’inciampa nell’indifferenza verso chi, tra i propri stakeholder, ti manifesta un disagio concreto o una richiesta d’aiuto.
E poi ci sono i media
Nella cornice della comunicazione responsabile, ovviamente, non possono mancare i media. E in questo caso occorre ricorrere a Italo Calvino per “cercare e sapere riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Nel mainstream la rincorsa ad “asfaltare” il prossimo appare una tendenza irreversibile ma persino in questa cornice i professionisti della comunicazione possono cogliere l’opportunità di costruire relazioni virtuose con chi (e non sono pochi,
soprattutto tra chi sperimenta nuovi strumenti e linguaggi) è in grado di fare le domande giuste, valutare l’autenticità del racconto e allargare la platea dei destinatari. Ne è un caso emblematico la nuova direzione “RAI per la sostenibilità – ESG” che, in collaborazione con ASViS e FERPI ha portato i temi e le parole della sostenibilità nei programmi più pop della tv pubblica. A dimostrazione di come la comunicazione responsabile può svolgere appieno il suo compito solo se associata a un ruolo strategico all’interno delle organizzazioni. Ecco, per l’Agenda 2030 è forse arrivato il momento per attribuire “un posto al sole” anche al Goal 18.
Sergio Vazzoler
Potresti leggere anche...
Il team commerciale di Amapola accoglie una nuova collega: con noi Ilaria Giolo
Ilaria porta con sé un background diversificato di competenze in ambito ESG. Siamo felici di accogliere Ilaria Giolo...
Amapola a Ecomondo 2025: la sostenibilità è dialogo, misura e concretezza
Dal 4 al 7 novembre saremo a Rimini Fiera con diversi appuntamenti e occasioni di incontro. Ci vediamo...
Tanti mondi possibili nell’ultimo Report d’impatto Amapola
Sguardo alle stelle e piedi ben piantati a terra. Un omaggio alla forza dell’immaginazione e alla concretezza delle...
Greenwashing, dalla caccia al colpevole alla spinta gentile
L’intervento dell’AGCM su Acqua San Benedetto presenta una novità interessante nella gestione dei green claims e degli episodi...
Copenaghen Declaration: un richiamo urgente per non tornare indietro con Omnibus
Semplificare, senza demolire le basi di CSRD e CS3D. Il mondo accademico europeo dice la sua con la...
Amapola tra i Top Performer: quinta su 118 nella guida Top ESG Consulenti 2025
Un riconoscimento che premia il nostro impegno sui temi di sostenibilità e i tanti anni di esperienza in...
Chiedici
di più
Hai un progetto di sostenibilità? Non lo hai ancora? Parliamone.
Siamo pronti ad affiancarti nel tuo percorso ESG. Raccontaci la tua sfida.