Omnibus: con l’ultimo voto la grande maggioranza delle aziende fuori dal reporting ESG

14 Novembre 2025
Bandiera dell'Unione Europea - Gli sviluppi della CSRD con il pacchetto Omnibus

Il Parlamento europeo vota a favore della semplificazione del reporting ESG e della due diligence aziendale. Ma i rischi di arretramento, contenzioso e perdita di leadership sono reali.

 Il 13 novembre il Parlamento europeo ha approvato la sua posizione sull’Omnibus I, il pacchetto legislativo che modifica la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). Dietro la promessa di “semplificazione”, il testo votato rappresenta un rallentamento sostanziale dell’ambizione europea in materia di sostenibilità.

Le nuove soglie proposte parlano chiaro:

  • La CSRD si applicherebbe solo alle aziende con oltre 1.750 dipendenti e 450 milioni di fatturato.
  • La CSDDD, ancora più ristretta, riguarderebbe solo imprese con più di 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato.

In pratica, secondo le stime, oltre il 95% delle aziende europee uscirebbe dal perimetro delle due direttive (secondo stime KPMG). È un cambiamento che non solo riduce la platea degli obblighi, ma mette in discussione la traiettoria stessa del Green Deal europeo.

Una “semplificazione” che rischia di creare instabilità

Il pacchetto Omnibus nasce con l’obiettivo dichiarato di ridurre gli oneri normativi per le imprese e tagliare la burocrazia, ma il modo in cui è stato costruito solleva numerosi dubbi. Più di cento esperti di diritto europeo hanno inviato una lettera al Parlamento, mettendo in guardia sul rischio di incostituzionalità della procedura: il ricorso allo strumento Omnibus, privo di un’adeguata valutazione d’impatto e consultazione pubblica, potrebbe violare la Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Secondo questi esperti, non si tratta di una semplice “semplificazione tecnica”, ma di un cambiamento sostanziale delle norme, operato per via abbreviata e potenzialmente impugnabile davanti alla Corte di Giustizia. Un “precedente legale pericoloso” per la democrazia europea, che potrebbe aprire la strada a future deregolamentazioni veloci e poco trasparenti.

Dietro il voto: un nuovo asse politico europeo

Il voto del Parlamento ha anche un significato politico. A sostegno del testo si sono schierati Popolari (PPE), Conservatori (ECR) e altre forze sovraniste ed euroscettiche, consolidando un nuovo asse politico in vista della seconda parte del mandato von der Leyen. Un segnale chiaro di spostamento dell’equilibrio verso una governance più orientata alla deregulation e meno alla transizione ecologica.

In questo senso, il voto del 13 novembre non è un episodio isolato, ma il primo di una serie: l’Omnibus I sarà seguito da altri pacchetti (agricoltura, difesa, chimica, digitale) che puntano a smontare, con gradualità e discrezione, l’architettura normativa costruita dal Green Deal.

Sostenibilità aziendale: meno obblighi, più incertezza

Le conseguenze per le imprese europee sono ambivalenti. Da un lato, molte potrebbero esultare per l’esclusione dagli obblighi di reporting o due diligence o quantomeno per il maggior tempo di preparazione ai nuovi obblighi. Dall’altro, si trovano ora in un contesto normativo più volatile, meno prevedibile, dove le regole possono cambiare rapidamente per motivi politici.

Il nuovo assetto:

  • riduce il perimetro del reporting ESG al 5% delle imprese originariamente previste;
  • rimanda le scadenze per le aziende non-EU al 2029;
  • esclude l’obbligo di implementare piani di transizione climatica e di adottare tutele rafforzate sui diritti umani.

Eppure, molte aziende europee avevano già investito risorse, strumenti e capitale reputazionale per prepararsi a questi obblighi. Ora si trovano sospese tra un’opportunità mancata e un’area grigia normativa, in cui la compliance rischia di trasformarsi in frustrazione.

La chiave di lettura: andiamo oltre l’obbligo per concentrarci sull’opportunità strategica

Ma c’è un altro modo di leggere quanto sta accadendo. Per le imprese più lungimiranti, l’allentamento dei requisiti non è un libera tutti, ma un’occasione per distinguersi. Continuare a rendicontare in modo trasparente, seguendo gli standard ESRS anche su base volontaria, significa:

  • rafforzare la governance e la gestione dei rischi ESG;
  • migliorare l’accesso alla finanza sostenibile e agli investitori più selettivi;
  • costruire una reputazione credibile in un contesto sempre più globale e competitivo.

Soprattutto, è un modo per anticipare il futuro: in Cina, con i nuovi standard CSDS, la sostenibilità sta sempre più diventando requisito d’accesso al mercato. E anche in altre aree del mondo la trasparenza ESG si sta consolidando. Rallentare oggi rischia di significare perdere terreno domani.

Giulia Devani

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