Il nostro Stefano Belviglieri ci ha lasciati

25 Set, 2024

Stefano Belviglieri

Il nostro Stefano ci ha lasciati. Con noi dalla fondazione di Amapola, è stata la nostra guida per tutte le attività video e web. Una breve biografia la troviamo qui.

È stato un amico e compagno di lavoro incredibile. Il più aristocratico di tutti. Una voce bellissima, profonda, la voce ufficiale di tutti i nostri video. Appagato solo davanti a un dispiegamento di schermi. Amante della routine (“la routine ha il suo perché”) e, allo stesso tempo, capace di maratone sfiancanti (“cazzo, Ste, sono le tre del mattino…”). Intelligente come pochissimi, capiva sempre tutto al volo. Geloso del suo regno – guai a mettergli qualcosa fuori posto – ma sempre paziente nello spiegare e rispiegare a noi un po’ ciucci. Era veramente generoso. Ostinato e perfezionista (“dai Ste, lascia perdere, ci danno due lire per questo lavoro”… “ma come? Facciamo una cosa sciatta solo perché è pagata poco?”), la sua correttezza e affidabilità erano proverbiali. Di Stefano ti potevi fidare sempre, in ogni momento, in ogni situazione. Geniale e ordinato al tempo stesso: creativo esploratore di pensieri laterali e, un momento dopo, zelante predicatore del rito del back-up.

Orgoglioso delle sue origini cilene e tedesche, da parte di mamma, l’amata Elsa. Protagonista di innamoramenti assoluti, autore di slanci acrobatici, Stefano aveva anche la dote razionale di accettare i limiti che lo scorrere del tempo reclama, di capire quando era più giusto fermarsi. Ha avuto amori importanti, uno su tutti è germogliato, evoluto, trasformato, sempre centrale. Ha coltivato amicizie partite da teenager e profondissime ancora oggi.

Non meno di venti pantaloni cargo, identici, tutti neri, anche se negli ultimi mesi aveva fatto capolino qualche nuance di verdone e dark brown. L’enorme mazzo di chiavi sempre appresso, occhiali scuri d’ordinanza, t-shirt con loghi spaziali.

Cultore raffinato di fantascienza, Stefano amava libri giganteschi, meglio se sopra le mille pagine. Capitano di navi spaziali in Eve Online, affiliato alle truppe islandesi, le originali, le più fighe. Di recente anche viaggiatore notturno sui simulatori di volo (“ma Ste, non è un po’ noioso?”). Per niente sportivo ma grande appassionato di sport. Solo la Ferrari era tifo mainstream, perché le sue passioni si dirigevano verso nicchie precise, tra la vela (è riuscito a vedere ancora qualche regata di Luna Rossa) e il football americano. Stravedeva per gli Steelers e per il mitico quarterback Ben Roethlisberger.

Ci raccontava, facendoci sganasciare dal ridere, del suo passato di regista e produttore. Ci parlava delle paturnie dei vip, delle nevrosi sul set, dei retroscena assurdi di quella serie là, sì, sì, quella, proprio quella famosissima. Nerd ante-litteram, a cavallo tra anni Ottanta e Novanta lo trovavi di notte nascosto dietro gli schermi esoterici dei Silicon Graphics. Chi se li ricorda sa che costavano quanto un appartamentino in piazza Duomo.

E poi c’era la musica, la sua musica. Dj famoso prima a Radio Reporter e Radio Flash a Torino, poi sui set dei rave, dove era una vera star. Stefano con i suoi nicknames (Stek, Alien Stek, Stello, Stellone) ha mixato milioni di dischi in tutta Italia e, più di una volta, oltreconfine. Mitici i dj-set della DEA (Dance Enforcement Agency), incredibili le sonorità originali con i 4m2.  È stato un maestro e ha tenuto a balia generazioni di dj più giovani. Gli Acid Drop Department erano fratelli minori. E i techno kids con il sound system “A Dish – A Boom” erano i figli putativi dei techno teachers. Come Stefano, appunto.  È stato, è, sarà un mito.

A pranzo, tre volte su quattro ordinava cotoletta e patate. Per colazione sempre fagottino al cioccolato. Ma anche qui, a sorpresa, spuntavano vette d’estro sublimi. Aveva con orgoglio battezzato “le seppie virtuali” un piatto di tonno, piselli e fried eggs, da lui inventato e cucinato con diligente attenzione che partiva geometrica e diventava casuale. Un’estetica alla Ian Davenport, potremmo dire. Chi l’ha provato, dice che era molto bello e anche buono. Della prima affermazione si è certi, della seconda un po’ meno.

Difetti? Certo. Il più imperdonabile? Essere astemio. Poi, tendenzialmente licantropo, imponeva ai compagni di lavoro pesanti e tetri tendaggi neri per schermare la luce (“se no lo schermo si vede male, eh”). Testone e permaloso – ma in Amapola è un marchio di fabbrica – con lui si riusciva a superare l’impasse solo dopo trattative laboriose. Sempre, sempre, sempre sul pezzo. Di nuovo: intelligente, disponibile, affidabile, “risolutivo” in ogni occasione.

Stefano ci mancherà da morire.